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L’intelligenza artificiale non è più una tecnologia del futuro: sta già modificando in modo sostanziale il modo in cui le imprese generano valore, gestiscono le risorse e organizzano il lavoro. Secondo il rapporto Censis-Confcooperative, entro il 2035 in Italia ben 15 milioni di lavoratori saranno esposti agli effetti dell’IA: per i 6 milioni rischiano la sostituzione, mentre altri 9 milioni potranno integrate i sistemi intelligenti nelle proprie attività quotidiane.
Un cambio di paradigma che è già in corso e rappresenta tanto una sfida quanto un’opportunità. Ma cosa significa, concretamente, per le imprese?
I ruoli più a rischio sono quelli basati su attività ripetitive, analisi tecniche e procedure standardizzate, che possono essere facilmente convertite in istruzioni per un sistema automatizzato. Tra queste figurano:
Si tratta spesso di ruoli centrali nelle aziende, che rischiano però di essere rimpiazzati da software e sistemi IA capaci di svolgere compiti complessi in tempi ridotti. Le aziende sono chiamate a identificare le attività automatizzabili, investire nella riqualificazione delle risorse interne e introdurre nuove competenze in linea con le tecnologie emergenti.
Non tutti i ruoli sono destinati a sparire. Al contrario, molte professioni potranno evolversi e trarre vantaggio dalle nuove tecnologie. Tra queste:
In questi casi, l’IA potrà potenziare la produttività, l’analisi e la decisione ma non sostituire il valore del pensiero critico, della strategia e delle relazioni umane.
Un aspetto significativo è la correlazione tra grado di istruzione e impatto dell’IA: maggiore è il titolo di studio, più alta è l’esposizione alle trasformazioni tecnologiche. Tra i lavoratori maggiormente esposti all’automazione, il 54% possiede un diploma, mentre il 33% ha conseguito un titolo universitario. Al contrario, chi potrà usare l’IA a complemento delle proprie mansioni è per il 59% laureato e per il 29% diplomato.
Le lavoratrici sono coinvolte in misura maggiore (54%), in quanto più frequentemente impiegate in professioni intellettuali soggette a un elevato potenziale di automazione.
Per le imprese questo significa: investire nella formazione continua è fondamentale, sia per riqualificare chi è a rischio, sia per valorizzare chi può guidare il cambiamento.
Nonostante le opportunità offerte, soltanto l’8,2% delle imprese italiane ha adottato attivamente soluzioni basate sull’intelligenza artificiale, a fronte del 3,5% nella media UE e del 19,7% in Germania. Uno dei principali ostacoli all’innovazione in Italia è la forte presenza di micro e piccole aziende, spesso sprovviste delle risorse o delle competenze necessarie per affrontare il cambiamento tecnologico.
Anche nel campo della ricerca e sviluppo, l’Italia destina solo l’1,33% del PIL, ben al di sotto della media europea che si attesta al 2,33%. Un divario che pesa in termini di competitività internazionale.
L’obiettivo dell’Unione Europea è arrivare, entro il 2030, a una quota del 3% del PIL destinata a ricerca e sviluppo. Un traguardo che la Germania ha già superato, investendo il 3,15%, mentre la Francia, con il suo 2,18%, è avanti rispetto ad altri Paesi, ma ancora distante dal target europeo.
L’intelligenza artificiale non è solo una minaccia. Se adottata strategicamente, può generare fino a 38 miliardi di euro di crescita del PIL nei prossimi 10 anni, pari a un aumento dell’1,8%.
Secondo un’indagine di Censis e Confcooperative, tra il 20% e il 25% dei lavoratori italiani utilizza strumenti di intelligenza artificiale per attività quotidiane come scrivere mail, messaggi, report o curriculum. L’adozione è maggiore tra i giovani (18-34 anni), segno di un cambiamento generazionale nelle competenze digitali. Un impiego strategico e mirato dell’intelligenza artificiale può trasformarsi in un fattore di vantaggio competitivo, migliorando efficienza operativa e capacità innovativa.
Secondo le previsioni, entro il 2030 circa il 27% delle ore lavorate in Europa sarà automatizzato. I settori più esposti saranno:
Sanità e ruoli manageriali saranno invece tra i meno impattati dall’automazione.
Per le imprese italiane, il vero tema non è se adottare l’IA, ma come farlo nel modo giusto. Le aziende più strutturate stanno già investendo: nel biennio 2025–2026, il 19,5% prevede di destinare budget a tecnologie legate all’IA (55% nel settore ICT). Le piccole e medie imprese, tuttavia, corrono il rischio di non tenere il passo con l’adozione tecnologica.
Come ha affermato il presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini:
“La persona deve tornare al centro del modello produttivo. L’intelligenza artificiale deve essere al servizio del lavoro, non il contrario.”
Sempre più aziende si chiedono se essere presenti su Amazon come produttore titolare del marchio sia oggi una strada da percorrere. La domanda è più che legittima, soprattutto per chi ha costruito nel tempo una rete di vendita tradizionale fatta di agenti, rivenditori e distributori.
In un contesto commerciale in cui la quota di acquisti online è in continua crescita, restare fuori da Amazon significa di fatto rinunciare a visibilità, controllo del proprio marchio sul canale e nuove opportunità di fatturato. Eppure, le resistenze da parte dei produttori – soprattutto di quelli con marchio proprio – sono ancora forti.
Nel nostro lavoro quotidiano di consulenza, sentiamo spesso queste motivazioni da parte dei produttori che scelgono di non entrare (ancora) su Amazon:
I Numeri parlano chiaramente (nel 2023 Amazon dichiarava ufficialmente 181 milioni di clienti attivi in tutta Europa, di questi 60 milioni in Germania e 38 milioni solo in Italia, acquistano mensilmente sulla piattaforma.
Anche per quelle imprese che operano sul mercato con un ottimo presidio, una valida organizzazione commerciale ed una struttura di punti vendita gestiti da una eccellente rete di vendita tradizionale, esiste una fascia di mercato, definibile in “nuovi consumatori digitali” che di fatto non esiste sui canali tradizionali, in quanto acquista esclusivamente online. E’ una fascia di mercato in costante crescita, per cui non essere presenti sul canale Amazon equivale a lasciare spazio a venditori terzi, non controllabili e tantomeno gestibili, che operano con:
Presidiare Amazon direttamente significa in primis riappropriarsi del controllo sul proprio marchio online, evitando che altri ne compromettano immagine e posizionamento. Immediatamente dopo significa offrire il proprio prodotto online, sotto l’egida di un servizio qualificato, che ovviamente richiede strategie e politiche di vendita dedicate, che non si pongano in concorrenza con i canali di vendita tradizionali.
La buona notizia è che Amazon non è una scelta tutto o niente. Esistono strategie selettive e graduali che permettono ai produttori di approcciarsi in modo intelligente e controllato:
Per un produttore che vanta una vasta gamma di prodotti, disponibile a magazzino in pronta consegna, ed un’ottima capacità di gestione, Amazon può rappresentare un canale strategico con vantaggi chiari:
In ultimo, ma non per questo meno importante, la presenza, la visibilità del Marchio in un canale e nei confronti di un segmento di clientela sempre più importante e qualificato.
Essere presenti su Amazon non significa svendere il proprio brand o perdere il controllo della distribuzione, ma piuttosto scegliere di presidiare un canale importante in cui è già presente una clientela qualificata che già cerca, e acquista con soddisfazione i tuoi prodotti.
Con una strategia ben definita, supportato da professionisti del canale, un produttore può:
Se stai valutando l’ingresso su Amazon come produttore, può essere utile approfondire alcuni temi specifici:
Vuoi posizionare il tuo brand su Amazon in modo strategico, senza danneggiare i canali esistenti?
Contattaci con la nostra consulenza ti aiuteremo a costruire un piano personalizzato, concreto e sostenibile.
Che si tratti di un consorzio privato, un’associazione tra imprese o un ente di supporto al territorio, una cosa è certa: un sito web ben progettato è il primo passo per valorizzare il proprio lavoro e offrire un servizio serio ai soci e ai partner.
Accesso immediato alle informazioni, trasparenza, dialogo con i soci e visibilità pubblica non sono più opzionali. Oggi il portale non è solo una vetrina istituzionale, ma uno strumento strategico, aggiornabile e operativo, che consente a soci, imprese e stakeholder di accedere facilmente a documenti, servizi e opportunità.
Un portale moderno e funzionale aiuta a rafforzare l’identità del consorzio, migliora la comunicazione e favorisce l’ingresso di nuovi associati.
È la base digitale per una crescita concreta.
Il sito diventa così non solo uno strumento informativo, ma un vero hub digitale operativo a supporto delle attività quotidiane del consorzio.
Una sezione ben curata che racconti i settori serviti, gli obiettivi, e i vantaggi per i soci. Importante includere i marchi consorziati con logo e link.
Chi visita il portale deve capire subito cosa fa il consorzio, per chi e come: promozione, partecipazione a fiere, internazionalizzazione, supporto tecnico e commerciale etc.
Se il consorzio offre attività formative o corsi di aggiornamento, è importante avere una sezione dedicata con:
Una comunicazione chiara della proposta formativa rafforza il ruolo del consorzio come ente attivo e competente.
Una sezione FAQ è utile per ridurre le richieste via email o telefono, Chiarire dubbi ricorrenti su iscrizioni, regolamenti, contributi, modulistica, Rendere il sito più orientato all’utente
Le domande possono essere suddivise per area tematica: soci, cittadini, imprese, tecnici,etc.
Sezione fondamentale per aggiornare soci e stakeholder su bandi, webinar, progetti attivi etc.
l’area riservata (accessibile tramite login) è uno strumento potente per semplificare la vita ai soci del consorzio. Può includere: consultazione e download di contratti, convenzioni con fornitori, documenti e comunicazioni. Visualizzazione di una bacheca con avvisi personalizzati, accesso ai servizi digitali (es. richieste online, prenotazioni, domande), accesso a servizi di interoperabilità fra consorziati, gestione di lead e opportunità, gestione reclami e segnalazioni, strumenti di acquisizione di opinione. Questa sezione trasforma il sito da vetrina statica a strumento operativo.
Per consorzi export o agroalimentari: presentazione prodotti/aziende con filtri, gallerie, video, materiali scaricabili.
Un sito web ben progettato e aggiornato è oggi un asset strategico imprescindibile per qualsiasi consorzio o associazione che voglia crescere, comunicare e offrire servizi digitali efficienti. Se rappresenti un ente o consorzio e vuoi realizzare un portale moderno, funzionale e su misura, contattaci. Progettiamo soluzioni digitali che aiutano a crescere.